SEGUICI SU

Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Categorie: Agronomia Urbana | Buone Pratiche | Fitoiatria | SDAF02 - AGRONOMIA, ARBORICOLTURA GENERALE, COLTIVAZIONI ARBOREE ED ERBACEE | SDAF15 - PAESAGGISTICA E VERDE URBANO |

Valutazione fitostatica degli alberi

In molti casi, gli alberi nelle città sono costretti a vegetare in condizioni estreme. Il protocollo messo a punto si è rivelato essere in grado di uniformare un giudizio complessivo e inquadrare al meglio la problematica

Edoardo Raccosta.
Laureato nel settembre del 2022 in Progettazione e gestione del verde urbano e del paesaggio, la sua tesi sperimentale ha avuto l’obiettivo di confrontare diversi approcci strumentali al fine di verificare le condizioni di stabilità e la propensione al cedimento di alberi a cui era stato interrato il colletto.

Il verde urbano fornisce molteplici benefici e servizi ecosistemici alle città e alla popolazione riducendo le emissioni di inquinanti antropici, favorendo l’aggregazione sociale, migliorando la salute mentale, incrementando il valore economico di beni immobili e aumentando la biodiversità presente nell’ecosistema urbano. Nell’attuale scenario di cambiamento climatico, gli effetti della presenza delle piante, per esempio sulla regolazione della temperatura, sull’intercettazione delle acque meteoriche (in particolare nel caso di “bombe d’acqua”) e sulla riduzione della velocità del vento, sono di grande importanza per la vita e il benessere delle persone che vivono negli agglomerati urbani. Tuttavia, si devono creare i presupposti giusti affinché le essenze vegetali presenti nelle nostre città esplichino le loro attività biologiche nel migliore dei modi.

39 alberi, un viale: il caso studio

Figura 1. Ricostruzione schematica dei possibili lavori di livellamento della sede stradale eseguiti sul Viale delle Piagge.

Il caso studio preso in esame è rappresentato dal Viale delle Piagge (Pisa), realizzato in seguito ai lavori di sistemazione del nuovo argine che aveva come scopo primario il contenimento dell’Arno nei periodi di piena. Sul viale sono presenti circa seicento esemplari arborei disposti in un doppio filare a prevalenza di tigli nostrani (Tilia platyphyllos), molti dei quali si ipotizza che siano stati messi a dimora subito dopo il completamento dei lavori dell’argine e quindi del viale, risalente alla seconda metà dell’800. Ad oggi, è uno dei luoghi più frequentati e amati, presentandosi indubbiamente come uno dei “polmoni verdi” della città che necessità però di una gestione attenta affinché questa infrastruttura non si trasformi in una minaccia.
Negli ultimi anni, si stanno verificando diversi casi di crolli dei tigli presenti sul viale, con annessi danni a edifici residenziali; le piante sono state interessate da rotture al colletto o ribaltamenti improvvisi. Osservando attentamente gli alberi a dimora e analizzando le dinamiche dei crolli si è notato l’assenza di contrafforti alla base del fusto (nel genere Tilia si manifestano in modo tipico e naturale, specialmente in piante mature) probabilmente imputabili a lavori di livellamento della sede stradale eseguiti negli scorsi decenni, che hanno apportato nuovo terreno (soprattutto nelle porzioni esterne del viale). Ciò ha determinato il progressivo interramento dei colletti e dei contrafforti delle piante a dimora con conseguenti ristagni idrici, elevata umidità e talvolta asfissia (Figura 1). Tutte condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo di agenti patogeni fungini i quali determinano marciumi radicali estendendosi anche al colletto e compromettendo la stabilità delle essenze arboree.

Figura 2. Prova di trazione controllata in fase di svolgimento.

L’obiettivo di questa tesi di laurea è stato quello di condurre opportune indagini fitostatiche per valutare la stabilità di 39 alberi di un tratto del Viale delle Piagge situati nei filari esterni, molti dei quali non presentano contrafforti a causa, probabilmente, dei lavori di livellamento citati precedentemente. A questo scopo, si è reso necessario stabilire un protocollo standardizzato affinché tutte le analisi strumentali fossero condotte con modalità riproducibili nel medesimo sistema su ogni albero e con l’obiettivo di ottenere risultati uniformi e rappresentativi della problematica.

Un protocollo ad hoc
Il protocollo operativo è stato messo a punto dopo una serie di test adottando diversi approcci strumentali quali tomografo sonico, il dendropenetrometro e la prova di trazione controllata o “pulling test”; quest’ultimo è risultato essere il più idoneo per esaminare la tenuta radicale e l’elasticità delle fibre legnose. Il “pulling test” prevede l’applicazione di un carico controllato (simulazione di una raffica di vento) attraverso un paranco ed un cavo d’acciaio (Figura 2); per la registrazione dei dati utili a formulare una valutazione oggettiva ci si avvale di sensori estremamente sensibili installati sul fusto della pianta in esame (Figura 3). I dati raccolti in campo vengono rielaborati mediante un software dedicato all’interno del quale si inseriscono alcuni parametri come ad esempio l’altezza della pianta, il diametro del fusto, le dimensioni della chioma e la velocità del vento. Quest’ultimo dato, di fondamentale importanza poiché l’intero processo di analisi dei dati si basa su questo specifico carico, è stato ricavato tramite una ricerca storica degli eventi ventosi registrati nei pressi dell’area studio prelevati dalla stazione meteorologica della Regione Toscana.

La valutazione finale di ogni pianta viene fornita mediante l’attribuzione di una Classe di Propensione al Cedimento (CPC) proposte dalla Società Italiana di Arboricoltura che è stabilita, in questo caso, basandosi principalmente sui risultati ottenuti dalle prove di trazione. La classificazione di propensione al cedimento degli alberi è composta da 5 classi, ossia da A a D; una pianta in classe A non presenta al momento dell’indagine difetti significativi tali da ritenere che il fattore di sicurezza dell’albero si sia ridotto. Al contrario, una pianta in classe D ha ormai esaurito il suo fattore di sicurezza e pertanto è previsto l’abbattimento.
I risultati ottenuti hanno evidenziato che il 23% delle piante esaminate ricadono in una CPC estrema per cui è previsto l’abbattimento, il 23% (CPC = C) necessitano di un controllo visivo e strumentale periodico, con cadenza annuale. Infine, il restante 54% risulta avere un elevato grado di stabilità (CPC = A o B). Le piante ricadute nella classe estrema (CPC = D) sono state oggetto di ulteriore approfondimento diagnostico strumentale eseguendo una valutazione qualitativa del legno attraverso il tomografo sonico. Le tomografie effettuate all’apparato radicale e al colletto ove si riteneva necessario e possibile, hanno confermato l’esito ottenuto con le prove di trazione; scarsa capacità di ancoraggio delle radici a seguito di processi di degradazione dell’intero apparato e del colletto.

Figura 3. Sensori impiegati per svolgere la prova di trazione.

In molti casi, gli alberi nelle città sono costretti a vegetare in condizioni estreme, soggetti a continui stress termici, idrici, meccanici e molti altri. Il protocollo messo a punto per questo specifico caso si è rivelato essere attendibile, in grado di uniformare un giudizio finale complessivo e inquadrare al meglio la problematica descritta precedentemente. Questo protocollo operativo potrebbe essere adottato anche al di fuori del contesto specifico per cui è stato formulato; in particolar modo per verificare la stabilità degli alberi in seguito a importati lavori sulla sede stradale o limitrofi alla zolla radicale. Spesso, quando vengono eseguiti degli scavi, si danneggiano o in casi più gravi vengono recise intere porzioni dell’apparato radicale andando a stravolgere e compromettere l’intera stabilità di una pianta. Attraverso questo lavoro di tesi dove si sono sperimentati diversi approcci diagnostici, le prove di trazione si sono rivelate essere lo strumento diagnostico più idoneo per verificare problematiche all’apparato radicale, sia di natura meccanica (danni meccanici) che fitosanitaria (agenti patogeni fungini).

Sitografia e Bibliografia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *